Realizzazione sì, autoimprenditorialità no, grazie!
Una recente indagine dell’Osservatorio Generazione Z Millenials ha evidenziato come oltre l’80% dei ragazzi intervistati metta al primo posto nell’identificare l’azienda ideale in cui vorrebbero lavorare quella che valorizza le potenzialità dei dipendenti.
Oltre il 95% considera il welfare aziendale come elemento chiave per scegliere un’azienda.
Per le nuove generazioni è infatti possibile pensare al proprio futuro in maniera concreta solo in aziende con piani di welfare che siano pensati in modo specifico per i giovani. Citano misure quali ad esempio rimborso asilo nido, servizi di informazione medica sulla gravidanza, permessi aggiuntivi per maternità e paternità, bonus spesa baby sitter …
Sono disposti ad andare all’estero (oltre il 75%), ma cercano stabilità.
Quasi il 90% preferisce il lavoro dipendente, meglio se in una start-up.
L’indagine evidenzia quindi una particolare attenzione al proprio benessere inteso non solo come realizzazione in ambito lavorativo, ma anche nella sfera personale.
Merita una riflessione il fatto che Millennials e appartenenti alla Generazione Z privilegino la ricerca di tale obiettivo come dipendente di un’organizzazione e non in un’esperienza di autoimprenditorialità, ambito ritenuto in passato quello privilegiato per far emergere e valorizzare al massimo le proprie potenzialità.
Il tema della “sicurezza economica” rimane quindi centrale, ancor più per le nuove generazioni che vedono nell’incertezza di un lavoro in proprio l’impedimento principale nell’intraprendere questa strada.
E’ veramente un peccato che giovani e ragazzi non si sentano più invogliati a ricercare la propria realizzazione nella forma più sfidante, ma anche più soddisfacente: essere imprenditori di se stessi, essere “persone che prendono l’acqua gelata che viene buttata sulle loro idee, la scaldano con l’entusiasmo, ne fanno vapore e si spingono avanti”. (Harvey B. Mackay)
La volubilità del contesto in cui operano le imprese ci spinge a riflettere sulla necessità di ripensare all’autoimprenditorialità in una chiave collettiva, come un insieme di professionisti/imprenditori che sanno e vogliono fare rete per crescere assieme, sfruttando le sinergie che solo in gruppo si raggiungono e mantenendo allo stesso tempo quell’indipendenza di pensiero che lavorare in proprio garantisce. E’ giunta al capolinea l’era dei supereroi solitari, quella “dell’imprenditore che si fa da solo”.
Perché da soli si va più veloci, ma insieme si va più lontano.